La neuroinformatica contro l’Alzheimer

Uno studio della Rete IRCCS di Neuroscienze e Neuroriabilitazione evidenzia il ruolo delle tecniche di neuroimmagine nella ricerca clinica e preclinica per aumentare l’impatto del Ssn.

Per comprendere l’Alzheimer è necessario osservare il cervello. Un’operazione oggi resa possibile dalle risonanze magnetiche e dalle PET, che permettono di analizzare il tessuto cerebrale in modo non invasivo, consentendo al medico di formulare un’ipotesi diagnostica con l’osservazione diretta e le informazioni provenienti da altri esami strumentali.

Storicamente, però, tutti gli studi di neuroimmagine hanno lamentato una scarsa riproducibilità e la difficoltà di comparare dati provenienti da strutture diverse, dovute tanto all’eterogeneità degli strumenti e alla mancanza di standard di acquisizione quanto alla rapida evoluzione tecnologica. Questo problema è stato superato dalla Rete IRCCS di Neuroscienze e Neuroriabilitazione (RIN), finanziata dal Ministero della Salute, che ha investito nella neuroinformatica e nell’innovazione tecnologica tenendo il focus sulla cura del paziente.

Uno studio recente di un gruppo di scienziati RIN (“Optimization and harmonization of magnetic resonance protocols in neuroimaging multi-site studies”) mostra che le infrastrutture neuroinformatiche possono aumentare l’efficacia dell’impatto Servizio sanitario nazionale grazie all’acquisizione di dati identici tra i diversi istituti, alla standardizzazione e ottimizzazione della qualità delle immagini, alla maggiore accessibilità e interoperabilità dei dati e alla promozione della medicina traslazionale e personalizzata, che ha l’obiettivo di trasferire le tecnologie di diagnosi e cura direttamente dal laboratorio al letto del paziente.

Per approfondire: 

Rete IRCCS di Neuroscienze e Neuroriabilitazione